Il dono più bello.



I bambini nascono completi. Possiedono uno scrigno ricco di doni celestiali, e se fermiamo per un momento il rumore del nostro mondo e li ascoltiamo, apriranno generosamente quello scrigno e ci faranno dono di meraviglie. Tutti noi siamo potenti esseri spirituali, ma i bambini sono più vicini alla fonte, e possono ancora ricordare.

La loro spiritualità è appunto potente, ma anche manifesta. Osservate come esprimono amore verso gli animali, come sono capaci di provare stupore davanti a un fiore, a un cristallo e alle bellezze della natura. Dovremmo condividere i loro doni invece di ignorarli, o peggio, far sì che li dimentichino, sepolti sotto il peso di una educazione sbagliata.

I nuovi bambini non si adattano al vecchio sistema educativo basato sulla memorizzazione e competizione, che sono catene per la creatività e l'immaginazione; in loro invece è molto forte la necessità di esprimere queste due qualità fondamentali, appunto la creatività e l'immaginazione. Nell'attuale sistema educativo c'è la dominazione del mentale sul sentimentale mentre loro hanno bisogno di un sistema che si basi sui sentimenti; hanno la necessità di imparare attraverso la sperimentazione e le scoperte, che incoraggiano l'integrazione.

L'educazione dovrebbe insegnare a vivere sulla terra, imparando da noi stessi e dagli altri come un tutt'uno. L'apprendimento vero avviene con l'esperienza e la pratica, non con la teoria; le teorie servono solo a capire una parte di ciò che è importante.
Da dove possono imparare come funziona un'ecosistema, da una fotografia su un libro o visitando un bosco? Dove imparano a usare il loro corpo, ballando e giocando o dentro un quaderno pieno di parole? Come imparano meglio le lingue, leggendo e scrivendo oppure comunicando tra di loro? Che la terra gira intorno al sole è più facile capirlo da un libro o attraverso l'osservazione del cielo?

Certo si tratta di una rivoluzione rispetto all'attuale sistema scolastico, ma esistono già diverse scuole con un'approccio educativo totalmente diverso e altre ne stanno nascendo.
Dove non arriva, per ora, la scuola, possono intervenire i genitori.
Un genitore dovrebbe essere una guida, non un sorvegliante. Non un padrone che dice ai figli cosa devono fare, ma qualcuno che li consigli e li guidi a essere il meglio di se stessi nella loro unicità.

Le favole, collegando i bambini in modo facile, immediato e giocoso a questa loro spirituale peculiarità, sono un meraviglioso strumento educativo. Allora portiamoli in un bosco, e quando sono stanchi di camminare, sediamoci sotto un albero e narriamo ai piccoli di fate e folletti, poi ascoltiamo le fiabe che inventeranno per noi.
Portiamoli sotto un cielo stellato e, dopo il silenzio della contemplazione, raccontiamo di viaggi tra i mondi e le galassie, o lasciamo che ci conducano loro in un viaggio fantastico.
Questi saranno momenti magici che li accompagneranno per tutta la vita. E arricchiranno immensamente noi adulti.

Riccio Pasticcio



C'era un volta un riccio di nome Pasticcio.
Se lo era guadagnato quel nome appena nato:
era il più pasticcione di tutta la nidiata.
Faceva sempre tutto di gran fretta, e come gli diceva il vecchio nonno:
«Imparalo figliolo un buon proverbio: presto e bene non vanno mai insieme!»
Aveva un cuore buono e generoso, però farlo arrabbiare era un bel guaio!
Scoppiava come un fuoco d'artificio se si credeva offeso o preso in giro.

Un giorno, in fila per comprare il pane, un merlo lo scansò e gli rubò il turno.
Non fece in tempo neanche a protestare che il merlo già volava via col pane.
Era proprio l'ultima pagnotta, toccava a lui, la stava per comprare!
Ma l'uccellaccio nero screanzato gli aveva fatto un furto sotto al naso.

Non ci vedeva quasi dalla rabbia, e ritornò nel bosco inviperito.
La rabbia lo si sa che rende ciechi, lo dice un altro vecchio buon proverbio,
così, mentre correva come un matto, non vide che passava zia Sofia.
Con le zampette la travolse in pieno e la mandò diritta giù nel fosso!

Sofia era una vecchia tartaruga, chiamata zia da tutti là nel bosco,
di una saggezza quasi leggendaria.
Una saggezza così immensa e antica, che lo sapevano anche sulla luna.


«Ma dove vai con così tanta fretta?» gli chiese giù nel fosso a zampe all'aria.
E mentre il riccio la tirava su, davvero dispiaciuto e imbarazzato,
le raccontò la storia capitata, dell'uccellaccio nero e del suo pane.

«Vado a cercare il ladro proprio adesso, voglio strappargli via tutte le piume!»
«Va bene» gli rispose zia Sofia. Ma prima mi faresti un gran piacere?
Devo tornare a casa e sono lenta, vorresti caricarmi sulla groppa?
Tu sei quasi veloce come un razzo, arriveremo in un battibaleno!"

«Ma certo!» esclamò riccio Pasticcio, colpevole di averla ribaltata.
Così la portò a casa sulla groppa, naturalmente attento alle sue spine,
perché lui si arrabbiava facilmente, ma dentro possedeva un cuore buono.

A casa della vecchia tartaruga lei gli disse grazie e poi gli chiese:
«Adesso come va con la tua rabbia? Andrai a fare quello che dicevi?»
«Non strapperò le piume a quell'uccello, però di certo gli urlerò che è un ladro!»
La rabbia di Pasticcio nel frattempo, durante quel tragitto in mezzo al bosco,
sembrava già in effetti un po' smorzata.

«Bene» gli rispose zia Sofia. «Mi hai reso per davvero un buon servizio.
Però mi son ferita giù nel fosso, mi aiuteresti a preparare  il tè?»
«Certo!» esclamò riccio Pasticcio, entrando nella casa di Sofia.
«Ce li hai anche i biscotti al cioccolato?»

«Ho dei biscotti proprio favolosi. E dove andrai, finita merenda?»
chiese zia Sofia la tartaruga, mettendo sulla tavola i biscotti.
«Non credo che avrò voglia di strillare, il buon profumo dolce dei biscotti
ha messo buon umore nel mio cuore.
Quindi vado a casa dell'uccello per dirgli solamente che ha peccato:
è male portar via cose alla gente!»

Il tempo a bere il tè con zia Sofia, aveva spento un'altro po' di rabbia;
riccio Pasticcio adesso non voleva proprio litigare.
«Bene» rispose placida Sofia. «Però io ti consiglio di pensare
che forse il ladro aveva un buon motivo.
In fondo non sappiamo proprio niente di cosa il nostro prossimo nasconde.
Viviamo sempre tutti separati, nei nostri mondi chiusi e siamo ciechi».
Riccio Pasticcio ci pensò un po' sopra e disse infine alla zia tartaruga:
«Sei sempre molto saggia zia Sofia; allora vado a casa dell'uccello così gli chiederò le sue ragioni».

Riccio Pasticcio dunque ora tranquillo, senza più il nodo stretto della rabbia,
andò a cercare il nido dell'uccello.


Pasticcio ricevette una sorpresa, quando si arrampicò sul ramo e dentro al nido:
il merlo era una mamma premurosa, e spezzettava il pane con il becco.
A quello le serviva tutto il pane, aveva cinque figli da sfamare!
Il cuore di Pasticcio fece un tonfo, perché sentiva solo tanto amore
per un uccello che poche ore prima aveva desiderio di spennare!

Fu proprio una lezione da imparare, che la rabbia va lasciata andare,
perché si tratta di un breve momento ed è solo un inganno della mente.
Contare fino a dieci e poi parlare, è un altro detto molto intelligente.
Il giorno che divenne tanto saggio da non andare più così di fretta,
né con le zampe né con i pensieri, Pasticcio smise di fare pasticci!




La chiave della felicità!



Il successo non è la chiave della felicità.
E' la felicità la chiave del successo.
E l'unica vera fonte di felicità è l'Amore.
Insegniamolo ai nostri bambini, ed essi fonderanno città di gioia, costruiranno strade d'amore, abiteranno in un mondo felice.