Cip, il passerotto ribelle


Un sonoro "CIOPPP" echeggiò tra gli alberi del parco.
Immediatamente dopo seguì un gorgheggiante "CIPPP", tanto acuto che arrivò fino alle case vicine.
Poi, un allegro e potente cinguettio a festa si levò su nel cielo.
Era nato finalmente Cip, l'ultimo passerotto della nidiata di mamma Cioppa e papà Cioppo.

Tutti i passeri del parco, informati del lieto evento, stavano festeggiando il nuovo membro della volatile famiglia. Le altre mamme raccoglievano le mollichette di pane più cicciotte e gustose cadute dai panini dei bimbi, e gli altri papà passeri acchiappavano rametti favolosi, o qualche insetto bello grasso.
Erano tutti regali per il piccolo, famelico Cip, che teneva il beccuccio sempre spalancato in attesa di cibo, non gli bastava mai!
Quindi, mentre mamma Cioppa nutriva il vorace Cip e ringraziava le altre mamme per il loro generoso contributo, Cioppo allargava e rinforzava il nido con i nuovi rametti portati in dono dagli altri papà passeri.
Gli uccellini del parco si comportavano come una grande famiglia; si conoscevano tutti, si aiutavano e prendevano parte alla vita degli altri, in particolare nelle occasioni speciali.

Cip crebbe velocemente e dopo quattro settimane era pronto per le prime lezioni di volo, che mamma Cioppa e papà Cioppo gli impartivano a turno.
Dopo tanti capitomboli, prova che ti riprova, finalmente Cip spiccò il suo primo volo di ben quattro lunghi metri, prima di perdere il controllo e finire rovinosamente a terra ancora una volta.
Che emozione però sfidare la gravità e vedere le cose dall'alto!

Non ci volle molto tempo perché imparasse a restare in volo più a lungo, a controllare la direzione e a capire come sfruttare le correnti d'aria,  mentre sfrecciava nell'azzurro del cielo.
Tuttavia faceva disperare mamma e papà, perché non ne voleva proprio sapere di ascoltare le loro precise istruzioni!
«Non si tengono le ali in quel modo!» gli strillava il padre.
«Con quelle virate così strette e quella spinta finirai per schiantarti contro un albero!» lo implorava sua madre.

Ma Cip aveva un modo tutto suo di volteggiare, di andare giù in picchiata, poi di risalire su, sempre più su fino al limite e oltre ogni limite.
Lui voleva sperimentare, voleva sentirsi libero di volare come più gli piaceva. Voleva raggiungere le stelle.
Che sensazione meravigliosa di liberà l'aria sulle piume, la città sotto di lui con le minuscole case... tutto sembrava così poco importante! Non esistevano le piccole preoccupazioni quotidiane lassù, non c'era la confusione del mondo.
C'erano solo il momento presente e un silenzio meraviglioso che gli permettevano di sentire chi era davvero. Sentiva la propria presenza, sentiva se stesso lassù, da solo, volando a suo modo.
Non esisteva niente di più bello.

«Perché nostro figlio è tanto diverso dagli altri?» chiedeva affranta mamma Cioppa.
«Non lo so mia cara, proprio non lo so!» rispondeva sconsolato papà Cioppo.
Alla preoccupazione che il loro piccolo potesse fatalmente cadere e morire, si aggiungeva la vergogna di non essere una famiglia come le altre.
I passeri del parco infatti bisbigliavano e ammiccavano al passaggio dei due genitori; li compiangevano per quel figlio che non era e non voleva essere normale.

«Mamma, papà, perché non siete felici se io sono invece tanto felice?» chiedeva spesso Cip al ritorno dai suoi mirabolanti voli.
Lui proprio non capiva il motivo della loro disperazione. Voleva semplicemente seguire la sua natura, vivere secondo i dettami del suo cuore.

Quando diventò completamente adulto, era il passero più veloce che si fosse mai visto, sapeva fare cose che nessuno aveva mai osato tentare. Nonostante ciò i suoi simili non lo apprezzavano, restava sempre un diverso. Così un giorno disse addio ai genitori e se ne andò per sempre.

Si era preparato dalla nascita a quel momento, era pronto per la grande salita, per sfidare il cielo, per baciare le stelle. Voleva raggiungere il punto più lontano, dove nessun uccello si era mai spinto prima, oltre le nuvole, nel blu dello spazio infinito.
E non gli importava se non avrebbe fatto ritorno, valeva la pena di provarci, perché voleva sapere cosa c'era dopo quelle soffici nuvole, dopo l'aria azzurra, dopo il cielo. Il paradiso forse?
Nessuno lo sapeva, lui forse sarebbe stato il primo a varcare i limiti, perché Cip nei limiti non ci credeva.

Prese la spinta più forte che gli era possibile e sfrecciò come un razzo puntando verso il sole.
L'aria si faceva via via più fredda mentre saliva e bucava uno, due, tre strati di nuvole.
Oltrepassò un gigantesco aeroplano, uno stormo di stupefacenti grifoni, e ancora su, ancora su... fino a quando tutto divenne bianco.
Quel bianco luminosissimo e caldo sembrava pulsare ed era amore, puro amore!
Ecco la sensazione meravigliosa che cercava, l'inenarrabile felicità alla quale anelava, lo zenit del suo volo!

Poi si ritrovò sopra un cedro, in alta montagna, e non sapeva come ci era finito su quell'albero.
Quando era caduto? Oppure, chi lo aveva riportato giù e deposto su quei rami sano e salvo?
Era forse volato fino al paradiso? Aveva attraversato lo spazio e il tempo entrando in un'altra dimensione?
Cip non lo scoprì mai, però aveva sperimentato la felicità più grande, oltre ogni immaginazione.
Seguire le uniche leggi che contavano per lui, quelle del suo cuore, gli aveva permesso di conquistare il cielo.